Trasformazione digitale: tanti ci provano, non tutti ci riescono.

Fai il tagliando al tuo progetto di digital transformation con la nostra checklist.

Digital transformation checklist, la risposta al problema di quantificare lo stato di un salute di un progetto digital.

Stiamo lavorando da oltre un anno a progetti di trasformazione digitale per le aziende.

Ognuno preso nella sua singolarità, è unico. Il prodotto, il settore, i competitor, i sistemi, il management.

Ma se osserviamo dall’alto il progetto e le sue dipendenze, troviamo invece analogie per quanto riguarda le criticità: la mancanza di visione, le risorse aziendali, il mindset dei team, il debito tecnologico, le tempistiche.

Abbiamo creato allora questa mini-guida che tocca i punti salienti e permette di tracciare in estrema sintesi le criticità che potresti affrontare per raggiungere la meta.

1. La visione d’insieme

Il primo elemento della nostra digital transformation checklist riguarda la visione d’insieme del progetto. Potremmo anche parlare di Vision, ma troviamo che questo inglesismo sia alla fine poco compreso, visto come un elemento astratto, spesso accantonato dagli imprenditori come un elemento di disturbo, fuffa.

Parliamo invece qui di qualcosa di più azionabile, una leva operativa che tiene in squadra l’intero progetto:

  • Quali vincoli o bottleneck interni stiamo risolvendo?
  • A quali bisogni o pain-point dei nostri utenti stiamo trovando soluzione?
  • In quale nicchia di mercato ci posizioniamo dopo questi interventi?
  • Quali sono i KPIs principali?
  • Quale è l’obiettivo ultimo che stiamo perseguendo?

La lista potrebbe proseguire ancora, ma non all’infinito: è importante che i punti siano chiari, sintetici, e con un risvolto operativo.

2. La cultura aziendale

Abbiamo detto spesso, anche sul nostro blog, che la trasformazione digitale passa dalle persone prima ancora che dalla tecnologia.

Secondo BCG, le aziende che in un processo di trasformazione digitale si focalizzano sulla cultura aziendale piuttosto che sulla tecnologia, hanno un probabilità di successo 5 volte superiore ai loro competitor.

Una cultura aperta all’innovazione e al cambiamento si basa su questi sette pilastri:

Feedback: il feedback è incoraggiato a ogni livello e gerarchia. Sono fornite linee guida per stimolare un riscontro aperto e costruttivo, senza compiacenze o invidie. Si comprende che il feedback è un elemento di miglioramento e si conosce la differenza rispetto ad una critica distruttiva.

Management: il management è raggiungibile e interagisce a ogni livello. Non solo policy open door (che poi, se la porta è aperta ma non m’inviti, magari non entro comunque), ma management che attivamente anzi cerca il dialogo con i collaboratori, stimola e costruisce occasioni di confronto orizzontali e informali.

Trasparenza: l’azienda fa della trasparenza la propria missione e disincentiva l’utilizzo dell’informazione come asset individuale o leva di potere.

Fallimento: si smitizza il fallimento, e si riconosce che un grado di insuccesso sia insito in ogni strategia che miri a modificare lo status quo. Si incentiva un approccio coraggioso, dove chi ci mette la faccia viene premiato e non deriso o ostacolato.

Apertura: si stimola lo scambio di know-how e conoscenze all’interno della propria industry e non solo. Partner, clienti, ma anche competitor. Si promuove la costruzione di un network e di una community aperta al dialogo.

Delega: le decisioni vengono prese in autonomia da ciascun hub, nella consapevolezza del perseguimento di un obiettivo comune e secondo le competenze specifiche del nodo coinvolto. Un’approvazione generica ad alto livello è necessaria solo in casi particolari, non per l’avanzamento operativo quotidiano.

Collaborazione: viene sostenuta la collaborazione tra dipartimenti e ruoli diversi. Le competenze sono viste come un arricchimento comune e non come un ostacolo che frena la collaborazione tra persone aventi diversi background o job description.

“Culture eats strategy for breakfast”

Peter Drucker

3. Il coinvolgimento del management

Il terzo punto della nostra digital transformation checklist riguarda il management. Sì, in quanto sebbene il progetto di trasformazione debba essere corale, è innegabile che il moltiplicatore x10 debba essere messo dal top management.

Se CEO in primis, e C-level a seguire non sono in prima linea, in trincea, il progetto rimane un gioco. Uno spettacolo teatrale con qualche attore, una decina di comparse, e un folto pubblico non pagante.

Cosa intendiamo quando diciamo che il management dev’essere in prima linea? Alcuni esempi:

  • Presenza alle riunioni importanti, senza delegare i livelli sottostanti.
  • Presenza durante i momenti chiave del progetto, fossero anche le fatidiche otto di venerdì sera.
  • Comprensione adeguata dei processi e sistemi sottostanti, senza mostrare sufficienza o disinteresse.
  • Utilizzo dei sistemi proposti all’azienda in prima persona.
  • Partecipazione agli eventi del settore e uso proattivo del personal branding.

4. La presenza di talenti

La trasformazione digitale può essere anche vista come una piccola rivoluzione all’interno dell’azienda. Quelle che erano certezze della routine di lavoro vengono messe in discussione e sostituite da altri processi, metodologie, sistemi.

Questa rivoluzione (si spera non violenta) necessita dei suoi leader, dei suoi eroi. Figure carismatiche che possano fornire anche d’esempio per l’intero team.

Nel concreto cosa significa? È un processo che prosegue su due binari paralleli.

  • Retention e incentivi per i talenti interni: individua le migliori risorse già presenti al vostro interno e dai loro supporto (non in forma di pacche sulle spalle possibilmente) affinché possano esprimersi al meglio e si sentano appoggiati dall’azienda
  • Ricerca di talenti sul mercato: se i recruiter ancora scambiano Java con JavaScript o cercano sviluppatori con almeno 5 anni di esperienza per un framework che è nato l’anno scorso, allora forse hai un problema da risolvere. La cronica incapacità delle aziende di reperire talenti e di contrastare lo stradominio delle big tech è un tema reale e se vuoi primeggiare per vincere lo scudetto non puoi permetterti un team da zona salvezza.

5. Decisioni basate sul dato

Scendiamo sempre più in basso nella nostra digital transformation checklist, e arriviamo ai temi core, quelli duri e puri senza compromessi.

Si, perché nella nostra azienda virtuosa, il secondo me è del tutto bandito. L’opinione del singolo interessa se e solo se il soggetto è coinvolto attivamente nella problematica che l’azienda intende risolvere. E a prescindere dalle gerarchie, ogni opinione resta un’opinione.

  • Basa il processo decisionale sul dato, sull’analisi di campioni, su un metodo di ricerca monitorabile e comprovabile quantitativamente.
  • Parla con i tuoi clienti, comprendi realmente i loro bisogni, e rispondi alle loro esigenze con il tuo prodotto.
  • Implementa cicli di sviluppo rapidi e dinamici che consentono di testare feature minime, che possano essere smontate senza compromettere il progetto.
  • Dotati di una pipeline del dato solida: input, pulizia, labeling, storage, utilizzo e output, basata sulle moderne architetture (no, un db su Access potrebbe non essere una buona idea).
  • Incentiva i decisori aziendali a fornire evidenze quantitative a supporto, che comprovino non solo la bontà della loro decisione, ma anche e soprattutto il lavoro di ricerca, le ipotesi scartate, i vantaggi che porta la scelta proposta.

6. Gestione del debito tecnologico

Abbiamo già parlato approfonditamente del debito tecnologico ma dobbiamo inserirlo di diritto anche nella nostra digital transformation checklist.

Un processo di trasformazione digitale interviene sull’architettura informatica e tecnologica dell’azienda, e è  verosimile aspettarsi che, nel perseguire l’obiettivo progettuale, vengano trascurati in parte logiche di automation testing, scalabilità del software, qualità e efficienza del codice.

Nulla di male, fintanto che ne siamo perfettamente consapevoli e prevediamo di porvi rimedio una volta terminate le fasi contingenti del progetto.

Prevedere di porvi rimedio significa fissare una data a calendario, e allocare budget e risorse in modo chiaro. Diverso dal dire “si, ok, poi lo facciamo”. Questa al contrario è l’esatta ricetta del disastro.

7. Timeline di avanzamento agile

Una delle difficoltà maggiori che si incontrano in progetti ambiziosi di trasformazione digitale è il rispetto delle tempistiche e dei requisiti previsti nel brief iniziale, considerando che le stime iniziali di tempi e costi sono spesso alquanto ottimistiche per incentivare i decisori a dare via libera.

Una volta che, a progetto avviato ci si rende conto che il tempo schedulato non sarà bastante, si pone rimedio andando lunghi sulla data di rilascio pianificata.

Ma in un progetto di trasformazione digitale, e in genere in ogni progetto che abbia come scopo un risultato commerciale, sarebbe probabilmente preferibile sacrificare features e funzionalità rispetto al dilungarsi dei tempi di sviluppo e go-to-market.

Ecco che allora entrano in campo le definizioni di MVP (Minimum Viable Product), di modalità di lavoro agile e di gestione di progetti che possano avanzare secondo modelli iterativi e modulari, piuttosto che a silos o a cascata.

Assicurati di avere una pianificazione delle tempistiche generosa e che tenga conto del worst case scenario, oltre che valutata su misure qualitative.

Anche se non ci addentreremo qui nei dettagli sulla stima delle tempistiche secondo l’Agile Mindset, possiamo riassumere dicendo che si tratta di elencare puntualmente i task (o sprint) del progetto e valutarne l’effort singolarmente, portando l’intero team al tavolo e quindi condividere dipendenze e colli di bottiglia.

Una buona pianificazione è certamente la chiave per evitare sorprese poi al momento della consegna e mantenere l’azienda, il management e gli stakeholder allineati su tempistiche realistiche.

8. Focus sui benefici operativi e commerciali

Ci sono due tipi di aziende. Quelle che “abbiamo acquistato questo software e dobbiamo trovare il modo di usarlo, per non rimetterci soldi e reputazione”, e quelle che “abbiamo questa necessità, e ci occorrono quindi questi strumenti per realizzarla”. La differenza sta, oltre che probabilmente nelle voci di spesa, nella longevità e adozione delle tecnologie digitali.

Di fatto anche il migliore software sul mercato è semplicemente uno strumento, un mezzo, e mai un fine. Nessun algoritmo di intelligenza artificiale farà magicamente aumentare le vendite dell’azienda o lavorare i collaboratori con maggiore soddisfazione. Non più di quanto possa farlo per lo meno un buon panettone nel pacco di Natale o un buon caffè in sala break, probabilmente se non altro più economici e semplici da gestire.

La prima causa del fallimento di progetti di trasformazione digitale è proprio la mancanza di adozione a livello business. Costose e complesse infrastrutture che fanno la temporanea felicità di un manipolo di irriducibili, prima di venire accantonate per obsolescenza, praticamente nuove.

Assicurati quindi di avere ben chiaro il business model che intendi attuare, e di aver chiaro il ruolo delle tecnologie e processi che stai implementando in azienda.

Solo se sarai in grado di stimare il beneficio commerciale o operativo del progetto, allora potrai considerare di avere green light per procedere.

Digital Transformation Checklist

Ti vuoi confrontare con la nostra digital transformation checklist? Assegnati un voto per ogni voce da 0 a 5, e poi scopri il tuo risultato!

  • Visione d’insieme
  • Cultura aziendale
  • Coinvolgimento del management
  • Talenti in azienda
  • Processo data-driven
  • Gestione del debito tecnologico
  • Agile project management
  • Benefici operativi e commerciali

Se hai sommato +35 punti: David Copperfield. Per te la trasformazione digitale è un rito che conosci a menadito, e pratichi con grande maestria. Ti muovi come un mago sul palcoscenico, creando artifici e lasciando tutti a bocca aperta. D’altronde, citando la terza legge di Clarke, “Qualunque tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia”.  Forse potremmo diventare partner!

Se hai sommato tra 25 e 35 punti: Rocky in Rocky I. Stai facendo un buon lavoro anche se non ti puoi proprio rilassare, devi darci dentro per non finire al tappeto prima del gong. Ma la gloria è vicina, coraggio!

Se hai sommato tra 15 e 25 punti: Baggio a USA 94. Ancora tutto da decidere. Sarai ricordato come un fuoriclasse o come quello che ha sbagliato il tiro decisivo? Non lo saprai fino all’ultimo minuto, la partita è in corso.

Se hai sommato meno di 15 punti: Ned Ludd. Non sai neanche tu come ci sei finito in mezzo, però sei arrivato fino in fondo a quest’articolo ed è già un inizio. Non è tutto nero, e può andare meglio di così, sei sulla strada giusta.

Vuoi un aiuto a compilare la tabella, e sentire il parere di un esperto? Beh, allora contattaci e arriviamo subito con i rinforzi.

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