Twitter è oggi una realtà consolidata che vale circa 30 miliardi di dollari,  tra i primi social network a livello mondiale.

Eppure a differenza di Facebook, Instagram, Whatsapp, non è mai entrata veramente nel nostro quotidiano, restando appannaggio di nicchie specifiche (giornalisti e politici in primis).

Nick Bilton (all’epoca giornalista del NYT) si appassiona al tema e con un lavoro mastodontico di trascrizione, raccolta documenti, materiale sui social, interviste, indagini, sforna una storia corposa cercando di gettare un faro su Twitter e sui suoi fondatori.

A differenza delle storie di altre startup diventate colossi del tech, la storia di Twitter fa eccezione: non ci sono leader geniali, carismatici, ricchi, o particolarmente intelligenti. Ma anzi, il concept nasce casualmente durante una riunione di brainstorming dedicata a trovare uno spin-off per un progetto di podcasting che stava ormai morendo. Tra alterne fortune e idee non sempre riuscite, raggiunge una popolarità planetaria e il successo in borsa.

Nick Bilton si concentra soprattutto sulle vicende dei quattro fondatori di Twitter: Jack Dorsey, Ev Williams, Biz Stone, Noah Glass.

Il team è piuttosto male assortito e, i quattro escono da quest’opera piuttosto malconci. Quattro sprovveduti che non si sa bene come riescono a trovare un prodotto vincente e limitare i danni quel tanto che basta per farlo sopravvivere.
In particolare Jack Dorsey viene dipinto come uno svogliato che lascia l’ufficio alle 18:00 per fare yoga e andare a comprare i vestiti. Infine tradendo anche tutti i suoi amici nella scalata verso il successo.

Se questo corrisponda esattamente al vero, non sono in grado di dirlo, ma l’autore cita una schiera impressionante di fonti a supporto di quanto citi, virgolettati compresi. E sicuramente un lavoro di indagine giornalistica appare in tutta la sua prepotenza e precisione.

Terminata la lettura si accede in modo diverso al proprio profilo Twitter (@carloocchiena), e se ne capiscono maggiormente alcune derive (Twitter è visto ancora come la piattaforma dei misfits, dei ribelli, dei “disadattati”). Inoltre è davvero ben evidenziato il cammino a balzi e singhiozzi di una startup, che passa da milioni di venture capital a licenziamenti di massa.

Si respira in tutto il libro un’aria di imprenditoria autentica, non patinata, una Silicon Valley fatta di portatili tenuti insieme con lo scotch e uffici ammuffiti piuttosto che di vetrate di cristallo  e lanci di inaugurazione milionari.

Una bella lettura, anche adatta al periodo estivo, per scoprire una storia di startup, tecnologia e creatività un po’ diversa dalle solite.

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